La pet-therapy è una co-terapia che si avvale dell’utilizzo degli animali per migliorare la qualità della vita dell’uomo. Molti ricercatori affermano che affiancata alle tradizionali terapie mediche, psichiatriche e psicoterapiche, permette la riduzione del dosaggio dei farmaci, dimostrandosi una valida terapia di supporto. La co-terapia risulta efficace grazie ad alcune caratteristiche che sono prerogative tipiche degli animali da compagnia e la sua azione è dovuta al fatto che si innescano alcuni meccanismi psicologici inconsci quali la proiezione e l’identificazione, il senso di responsabilità, l’attaccamento e la compensazione che creano un rapporto emozionale che lega l’animale alla persona. In questo giocano un ruolo importante la modalità di comunicazione dell’animale ed alcune sue peculiarità, come la trasmissione di segnali infantili.

Grazie a ciò l’animale aiuta a sviluppare un equilibrio psicologico che permette di reagire alle ansie ed alle tensioni, riduce lo stress e, di conseguenza, tutte quelle patologie ad esso correlate, per esempio, le malattie cardiovascolari. Alcuni studiosi hanno dimostrato che ascoltare le fusa del gatto oppure osservare i movimenti regolari e lenti della cassa toracica dell’animale addormentato, o guardare i pesci che nuotano nell’acquario, o, ancora, toccare il pelo di un animale sono azioni che riducono la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e la tensione muscolare, modulano la produzione di adrenalina, regolarizzano la frequenza respiratoria.

L’animale si è dimostrato utile per le persone affette da disturbi neuromotori e dell’apprendimento, nell’autismo secondario causato da deficit della vista e dell’udito, nell’autismo infantile precoce, nei problemi di socializzazione e di comportamento aggressivo, nei disturbi causati da patologie disabilitanti, in quelli del linguaggio e dell’alimentazione, nell’ansia, nella depressione endogena e reattiva, nell’ipersonnia legata alla depressione, con i pazienti ciclotimici e distimici. È efficace per i bambini con sintomi da deprivazioni sensoriali, per i ragazzi con basso rendimento scolastico legato a deficit dell’attenzione o a conflitti intra-familiari, per gli anziani soli e demotivati che vivono la terza età isolandosi dal mondo esterno.

La pet-therapy riduce l’aggressività e per questo trova applicazione nei manicomi criminali o negli istituti di pena dove ha favorito la socializzazione dei detenuti tra di loro e con gli agenti di custodia. Gli obiettivi della terapia assistita dagli animali sono anche quelli di migliorare le capacità motorie di persone costrette su una sedia a rotelle, di ridurre l’ansia e la solitudine, di favorire le relazioni sociali, di aumentare le capacità di attenzione e quindi di apprendimento, stimolare la volontà di partecipare alle attività di gruppo. Purtroppo, oggi risulta sempre più difficile stabilire contatti sociali, i nuclei familiari sono composti da poche persone e molti sono i single. Inoltre, i ritmi di lavoro a cui siamo costretti dalla nostra società ci portano inevitabilmente a relazionarci poco con gli altri. Preferiamo internet o i telefoni cellulari che ci consentono di comunicare in modo asettico ed impersonale. Tutto questo va a discapito soprattutto delle persone anziane, sole, dei bambini e degli handicappati.

A questo riguardo, alcuni studiosi hanno dimostrato che possedere un animale da compagnia facilita le relazioni sociali. Attraverso la comunicazione interagiamo con i nostri simili, consapevolmente oppure inconsciamente emettiamo con il nostro corpo segnali verbali, gestuali, mimici. Con la microgestualità, con l’intonazione della voce o con il silenzio comunichiamo con gli altri rivelando i nostri stati d’animo e le nostre emozioni. Tutti questi segnali vengono percepiti dal nostro interlocutore che modifica il suo comportamento in base al nostro messaggio; infatti, il nostro modo di comunicare muta a seconda di chi ci ascolta e delle situazioni in cui ci troviamo. Ma molte volte, abbiamo difficoltà nel percepire o decifrare i messaggi non verbali e si creano problemi nelle relazioni con gli altri. Inoltre, il nostro modo di comunicare è alterato da tutti quegli schemi sociali appresi durante la vita, per cui molte volte esprimiamo verbalmente un concetto ma possiamo trasmettere con il corpo l’opposto di ciò che abbiamo detto facendo sì che il nostro interlocutore non interpreti correttamente il messaggio a lui destinato.

Tutto ciò ci pone in una situazione di disagio nei rapporti con gli altri perché ci sentiamo giudicati, osservati, valutati, viene pesato e pesiamo ciò che diciamo e come lo diciamo. In base a questo ci facciamo un’idea sbagliata dell’altro, ponendoci nei suoi confronti con atteggiamento ostile o   di   difesa, peggiorando   lo   stato   di   incomprensione.  Invece, l’animale ha una modalità di comunicazione molto primitiva, molto semplice, ma vera, non mente e quello che trasmette con la voce e con i suoni, è realmente quello che trasmette anche il suo corpo; invia sempre messaggi molto chiari e non è in grado di fingere, ma esprime sempre con chiarezza ciò che prova, per questo motivo entra in comunicazione molto facilmente con i bambini o con quelle persone che hanno gravi problemi psicologici.

Quando parliamo con gli altri temiamo che ciò che diciamo non possa loro piacere e questo genera sempre uno stato di tensione, quando invece parliamo con un animale sappiamo che esso non è in grado di comprendere i nostri discorsi. Il dialogo con un animale avviene sempre in modo molto tranquillo, non si teme il suo giudizio, ciò che si dice non è pesato, così la relazione è sempre vissuta in modo rassicurante. L’uomo parla con esso anche dei propri problemi e trova nell’animale un confidente che con le sue espressioni sembra ascoltare interessato e comprendere ciò che gli viene detto; inoltre per mezzo dei gesti corporei esso entra in contatto con lui e offre, anche, una stimolazione psicologica. Sappiamo bene che tutti noi ci esprimiamo in modo differente, a seconda del nostro interlocutore, ebbene, si è constatato che utilizziamo con gli animali un linguaggio molto simile a quello che si usa con i bambini molto piccoli: si addolcisce il tono della voce, si usano a volte delle espressioni dialettali, la parlata si fa cantilenante, si fanno molte pause, le parole si ripetono più volte.

Questo tipo di linguaggio sembra avere un effetto rassicurante sia per chi lo ascolta che per chi parla. Proprio per il fatto che non si teme il giudizio dell’animale, siamo più propensi ad un contatto fisico con esso piuttosto che con i nostri simili. Infatti, non permettiamo a tutti di avvicinarci, di toccarci, o ancora di più di abbracciarci, entrando in contatto con tutto il nostro corpo, ma lo facciamo solo quando abbiamo stabilito un rapporto molto solido con l’altra persona. In genere, un contatto molto vicino ci spaventa e ci mette in imbarazzo, ma siamo invece pronti a scambiarci tenerezze o a rotolarci con il nostro animale domestico senza timore. Il corpo, infatti, è un importante mezzo di comunicazione: grazie al tatto ci rendiamo conto dell’identità del nostro corpo e di ciò che ci circonda e di conseguenza la carenza degli stimoli corporei nell’infanzia determina un ritardo fisico e mentale e può causare patologie gravissime quali la schizofrenia e l’autismo. I bambini, in particolare, cercano il contatto fisico grazie al quale riescono a prendere consapevolezza del proprio corpo e a crearsi una propria identità; a causa della nostra cultura e della nostra educazione abbiamo elaborato degli schemi comportamentali per cui oggi è molto difficile rapportarci con altre persone: gesti d’affetto e di simpatia possono essere fraintesi.

L’essere toccati da estranei crea molto imbarazzo, genera ansia, per cui limitiamo le nostre espansioni con serie difficoltà nel relazionarci con gli altri, provando un estremo disagio quando un estraneo, parlando con noi, si avvicina troppo o ci tocca. Questo non avviene quando l’estraneo è un cane. Non sentiamo in pericolo la nostra intimità quando esso ci annusa, ci salta addosso, ci lecca o strofina il suo corpo contro di noi. Questa modalità comportamentale del cane rompe i nostri schemi e ci riporta al contatto sereno, naturale, non abbiamo paura di essere fraintesi, dunque, ci lasciamo andare con maggiore facilità. Osservando come una persona accarezza un animale, si possono capire molte cose: alcune, per esempio, non affondano la mano nel pelo, ma lo toccano con la punta delle dita, rimuovono immediatamente ogni pelo dal vestito, hanno difficoltà a lasciarsi andare, a giocare, a sporcarsi, o ad accettare altre forme di comunicazione, che non sia quella verbale, che evita il contatto fisico: spesso, queste sono persone che hanno vissuto in modo molto rigido.

La facilità con cui l’animale garantisce lo stabilirsi delle relazioni sociali si rivela molto preziosa sia per le persone anziane che troppo spesso vivono in solitudine, che per i malati psichiatrici e per gli handicappati. Questi sono costretti in casa, hanno poche occasioni di relazionarsi con gli altri, sono demotivati; la convivenza con un animale che, inevitabilmente, ha bisogno di cure e anche di uscire, scandisce i ritmi delle loro giornate, li obbliga a delle passeggiate e, di conseguenza, ad interagire con coloro che si avvicinano e chiedono di poter accarezzare l’animale, facendo sì che la conversazione si inneschi in modo molto semplice e naturale. Da alcuni studi si evince che passeggiare con un cane favorisce le relazioni sociali, che i ciechi vengono notati molto più facilmente quando sono accompagnati dai cani piuttosto che quando camminano usando il loro bastone bianco, e che è molto più facile rivolgersi agli handicappati sulla loro sedia a rotelle se hanno vicino un animale. Messent ha sperimentato il fenomeno facendo passeggiare alcune persone accompagnate dal loro cane in un parco di Londra ed ha osservato che spesso queste venivano fermate da sconosciuti che manifestavano la loro simpatia nei confronti dell’animale, chiedevano sue notizie, oppure si limitavano ad un veloce saluto. Verificò che la maggior parte delle persone che si fermavano a parlare erano a loro volta proprietari di animali, notò, inoltre, che i passanti si fermavano più a parlare con i proprietari di animali che con coloro che portavano a spasso i bambini nel passeggino. Infatti, ci relazioniamo più facilmente con i possessori di animali perché siamo portati a farci una buona opinione di loro in quanto proiettiamo sulla coppia uomo animale i nostri vissuti positivi; in qualche modo troviamo delle similitudini con loro, o quanto meno pensiamo che anche essi abbiano avuto le nostre stesse esperienze.

Riteniamo il possessore dell’animale come una persona felice, tranquilla, amichevole, ci fidiamo e interagiamo con lui più facilmente; crolla la paura e scema la diffidenza nei confronti dell’estraneo.

D’altro canto, ci facciamo subito un’opinione negativa quando vediamo maltrattare un animale. Molto spesso le nostre emozioni vengono modificate in base al comportamento tenuto dagli altri nei confronti degli animali, etichettiamo come cattivo chi li maltratta o li abbandona, buono chi li accudisce e li ama. Un altro dei motivi per cui l’animale favorisce le interazioni sociali è che le persone sono attratte dai suoi movimenti, dalla sua conformazione anatomica, oppure dai suoi occhi rotondeggianti che suscitano tenerezza o dal suo muso paffuto, ed ancora, dal suo tipico comportamento che tende ad avvicinare le persone, richiamando festosamente la loro attenzione.

Si è potuto constatare che l’introduzione di un animale nelle case di riposo per anziani non solo migliorava l’umore e lo stato di salute degli ospiti, ma accresceva notevolmente le interazioni sociali: l’animale diventava uno spunto di dialogo non solo tra gli anziani, ma anche tra questi ed il personale dell’istituto. Da alcuni studi si evince che l’utilizzo degli animali facilita le relazioni tra coloro che sono affetti da patologie psichiatriche ed il terapeuta e, in alcuni casi, anche altre persone, sbloccando delle situazioni in cui non esisteva più comunicazione verbale.